Festa e non soltanto festa.
Rimane necessario fare i conti con le recenti politiche su città e agricoltura, politiche che lasciano poco margine alla spensieratezza.
Diacroniche e bipolari. Città e politiche si chiudono a riccio in difesa di una scala di economie escludente e predatoria e paradossalmente lo fanno con nomenclatura appetitosa food policy, food district, city of food. Un lessico godurioso e conviviale che ammicca al bel vivere, a presunte socialità felici, ma che nasconde solite dinamiche di capitalizzazione, private, per pochi, sempre gli stessi.
La piccola produzione agricola e vitivinicola rimane ostracizzata nella forma e nella pratica dalle grandi aziende dell’agroindustria, dalle multinazionali, dalla GDO, dalle imprese milionarie che si vedono regalare un sistema di protezione costruito su misura.
Alla piccola produzione nulla è dovuto, deve tirare fuori i denti, combattere, resistere a chi tenta di intralciare questo enorme lavoro che compie nel quotidiano per la tutela delle eccellenze reali e vive in Italia.
Nelle città le cose vanno anche peggio, respingono, innalzano muri, elevano a potenza il proprio potere decisionale sulle vite dei singoli in nome di parole chiave nuove: decoro, rigenerazione. E si continua a escludere e si condanna all’esilio chi non è conforme ai canoni proposti, chi non è economicamente appetibile, chi non risponde ai precetti del capitalizzare i territori, i quartieri, le vite.
Ed è un fiorire e rifiorire sulla miseria, sulle deportazioni, sulla chiusura. Uomini, donne, luoghi allontanati.
Nel nostro dirci materia fecciosa e insolvibile, racaille, di questo sistema lasciamo queste riflessioni per una nuova occasione di confronto nell’imminente edizione de La Terra Trema.