La cultura è come la marmellata: meno ne hai più la spalmi
Era il 68... anni formidabili...forse intrisi di instabile ingenuità, ma ricchi di idealità, di collettiva disponibilità, di socialità e soprattutto di speranza.
Si parlava di culturae con spregiudicatezza semantica si amplificava la sua valenza.
Si univa all'accademicità anche la straordinaria vivacità dell’esperienza popolare, la cui acquisizione rappresenta il vero significato della crescita culturale.
Si sbeffeggiavano i “parrucconi”, incapaci di cogliere la ricchezza della cultura popolare, dicendogli che “la cultura è come la marmellata: meno se ne ha e più la si spalma”
Vorrete scusarci, ma dopo dieci anni di passione dedicati alla crescita di Vinissage, ci sentiamo in diritto di mutuare questo concetto ancora retoricamente efficace, per circoscrivere e leggere quanto sta accadendo alla manifestazione.
Nuova amministrazione, nuovo corso, nuovi consulenti e purtroppo modifica della natura stessa dell’evento.
Non è certo di marmellata che parliamo, ma di cultura del vino e dell’insieme di scelte che, a nostro avviso, spingono un vignaiolo a percorrere l’impervia strada del suo lavoro e un consumatore, consapevole, a percorrere l’antieconomica scelta dell’acquisto.
Scelte che parlano di una pratica diversa da quella imperante di intendere lo sviluppo e l’utilizzo delle risorse, scelte che parlano di tutela e valorizzazione del territorio e delle sue specificità storiche e geografiche, scelte che parlano di un modo di intendere le relazioni umane fatte di rispetto, uguaglianza, solidarietà e non solo di profitto.
È esattamente là dove si può rompere la barriera che separa questi due soggetti (il vignaiolo e il consumatore consapevole) che risiede il reame di Officina Enoica e lì si qualifica la sua missione.
Tradiremmo noi stessi e la nostra storia accettando di unire la nostra immagine a degustazioni a pagamento che denunciano un modo elitario di intendere il consumo del vino.
No. La cultura, anche quella del vino, non deve essere appannaggio di chi può pagarla, deve essere alla portata di tutti altrimenti diventa… marmellata da spalmare nei salotti.
Tradiremmo noi stessi e la nostra storia se accettassimo di unire la nostra immagine a presentazioni e degustazioni di vini esteri fatte in assenza dei produttori e sotto l’egida ed il cappello di un unico importante distributore.
No. La divulgazione della cultura del vino, per come la intendiamo noi, non solo non può essere a pagamento, ma neanche può staccarsi dalla figura del suo creatore, da quello che l'indimenticato Gino Veronelli chiamava “i poeti della terra”, altrimenti la degustazione diventa uno spot pubblicitario, spot che ha una sua utilità, ma in altri universi, non quello di Vinissage.
Noi non ci stiamo a percorrere i filari che, in modo quasi subliminale, spostano il baricentro della degustazione dalla valorizzazione del vino e del vignaiolo alla valorizzazione e promozione del distributore.
Ben comprendiamo ora il motivo per il quale la nuova amministrazione ha ridimensionato il nostro ruolo e si è contornata di nuovi consulenti.
Hanno fatto bene dal loro punto di vista…, noi siamo corpo estraneo rispetto al loro modo di intendere la cultura del vino.
Noi al concetto di marketing globale opponiamo la cultura delle sensibilità planetarie.
Noi al concetto delle economie di scala opponiamo la rivoluzione del consumo critico
Noi al concetto della managerialità opponiamo il concetto della contadinità e del vignaiolo artigiano.
Noi non ci saremo, amici vignaioli.… lasciamo che altri spalmino marmellata.
Troppo amiamo voi e ciò che rappresentate per tapparci il naso e accodarci al carrozzone che vuole trasformare una straordinaria esperienza quale quella di Vinissage in un trampolino per i lucrosi appetiti generati dalla intrigante idea del “Salone Internazionale del vino biologico” .
Noi non ci saremo.
Lasciamo, con rammarico, la nuova amministrazione, i nuovi consulenti e le loro ricche visioni della cultura del vino a tratteggiare i confini del requiem di un sogno...
Siamo riuniti, come associazione, nella stesura della presente ed a loro alziamo i calici, consapevoli che pur immersi nelle nostre miserie siamo più ricchi di quanto la loro marmellata gli permetta di comprendere, perché la nostra è una ricchezza piena della speranza e della tensione ad un mondo nel quale, come recita il nostro statuto, sia possibile che ognuno dia secondo le sue capacità ed ognuno riceva secondo i suoi bisogni.